La settimana Santa
Tra Religione, Arte, Cultura e Tradizione
Sennariolo ripropone i riti de Sa Chida Santa
L’uomo contemporaneo, tanto condizionato dalla vita frenetica e dalle pressioni che questa scatena, sente più che mai l’esigenza di fermarsi un attimo a meditare, alla ricerca del suo essere.
Nel silenzio che avvolge la morte del Figlio di Dio, il cristiano trova la spiritualità, forza necessaria per individuare nella Croce la sua essenza nonché la propria salvezza.
Ed è appunto in questo clima di fede, rispetto, raccoglimento e fervore religioso che la piccola comunità di Sennariolo si appresta, con sobrietà, a rinnovare, anche quest’anno, gli antichi e sentiti riti della Settimana Santa (Chida Santa), giorni in cui si commemora la Passione, Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ai confratelli del Santissimo Rosario, dunque, anche quest’anno, attraverso la riproposizione di quei momenti, spetta l’arduo compito di farsi portavoce dell’amore di Cristo che dal Cielo scese sulla terra per redimere tutti gli uomini.
Su Settenariu
“In nomen de Su Babbu, de Su Fizzu e de S’Ispiritu Santu – Amen”, recita il celebrante facendosi il segno della croce, invitando implicitamente i fedeli a fare altrettanto.
Si apre così la funzione che costituisce il primo rito de Sa Chida Santa sennariolese: Su Settenariu, che rappresenta la celebrazione, in lingua sarda, dei sette dolori della Beata Vergine (Nostra Signora ‘e Sos Dolores o Sa Virgine e Sos Dolores).
Su Settenariu ha inizio il venerdì che precede Sa Chenabura e Sos Dolores e termina il giovedì successivo.
La sua durata è, dunque, di sette giorni tanti quanti sono i dolori de Nostra Signora e si compone di un introito (Attu de Contrizione), di una preghiera che varia a seconda del giorno (primmu dolore, segundu dolore, terzu dolore .....), di un’orazione finale. Segue il canto dello Stabat Mater, eseguito dal Coro della Confraternita de Nostra Signora ‘e Su Rosariu. A conclusione l’Oremus, cui fa seguito il canto de Sas Laudes, che varia anch’esso a seconda del giorno; interpreti sono sempre i cantori della Confraternita.
Chenabura ‘e Sos Dolores
Cosi viene denominato il venerdì che precede la Domenica delle Palme.
Conclusasi la Santa Messa celebrata in onore de Nostra Signora ‘e Sos Dolores, quando le campane della Chiesa di Sant’Andrea Apostolo si apprestano a scoccare il suono dell’Ave Maria, la Confraternita del Santissimo Rosario, in ossequio ad un’antica tradizione, al calar del sole, esce dalla Parrocchiale dando inizio alla processione che ripropone la Via Crucis, per le vie del centro storico.
Il silenzio e raccoglimento religioso sono interrotti dalla recita dei versi della Via Crucis in lingua sarda, cui fa degno contorno il canto dello Stabat Mater, eseguito dai Cantori della Confraternita del Santissimo Rosario.
Duminiga ‘e Prammas
In Sa Duminiga ‘e Prammas, dopo la benedizione delle Palme, che i confratelli hanno intessuto nelle settimane precedenti, si svolge una breve processione per le vie del paese (Su giru culzu), che parte dall’Oratorio della Confraternita e termina nella Chiesa Parrocchiale, le cui porte sbarrate vengono aperte al triplice tocco della Croce astile, a simboleggiare l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Segue la Santa Messa con la lettura del Passio.
Giogia Santa
È il Giovedì Santo in cui la liturgia romana celebra l’Ultima Cena di Gesù con i suoi Discepoli (Messa in Coena Domini), in cui Egli istituì l’Eucaristia. A cura del Priore, viene imbandita una tavola con dodici pesci, dodici pani, verdure e vino.
Nel corso della Santa Messa si ripropone l’antico rito de Su Lavabu (La lavanda dei piedi): il sacerdote celebrante lava i piedi ai confratelli suoi commensali, riproponendo quel gesto che il Re dei Giudei compì a favore dei Discepoli, simbolo del servizio che ciascun sacerdote deve prestare alla Chiesa.
Terminata la Santa Messa, il Santissimo viene riposto nel Santo Sepolcro (Su Sepulcru), allestito ad opera de Sas Priorissas nella cappella del Sacro Cuore (Su Sacru Coro), adornato di fiori e lumi, perché sia oggetto dell’adorazione notturna dei fedeli.
I confratelli che hanno preso parte alla funzione consumano una cena a base di pesce, nella sala della Confraternita, contigua all’oratorio, che termina entro la mezzanotte.
Chenabura Santa
È il giorno più sentito e partecipato de Sa Chida Santa, quello in cui anche il cristiano meno praticante sente l’esigenza di avvicinarsi a Cristo, accompagnare Sua Madre e La Maddalena nel corso della Via Crucis, per le vie del paese (Sas Chilcas), sostenendole nel loro dolore, rievocato dalle struggenti note dello Stabat Mater del Coro confraternale.
Scocca l’ora sesta, la processione ha già fatto rientro nella Chiesa Parrocchiale perché è giunto il momento di rievocare quel barbaro gesto compiuto dai Giudei: S’Inclavamentu.
Quattro confratelli, pertanto, si dirigono verso la cappella di Sant’Antonio la dove giace la Croce con il Cristo crocifisso, coperto con un drappo rosso, perché così impone rigorosamente la liturgia; la prelevano e la portano sull’Altar Maggiore: viene inalberata mentre il Coro intona le note dello Stabat: “Iuxta crucem tecum stare et me tibi sociare, in planctu desidero” .
È l’ora nona, la tradizione popolare definisce questa funzione Sa Missa Fuida, la liturgia romana la chiama Azione Liturgica. È il momento centrale della giornata ma anche della vita del cristiano: Gesù figlio di Dio muore sulla Croce.
Il corpo di Gesù non può rimanere su quel legno, quasi ignudo per tanto tempo. È compito dei confratelli del Santissimo Rosario, dunque, provvedere, a tarda sera, ad organizzare le operazioni per deporlo.
Il Priore dell’Illustre Confraternita, individua quattro Giudei (Sos Zudeos) tra i confratelli più arditi e valorosi, affidando loro il compito di deporre Gesù dalla Croce.
Dopo aver concluso l’omelia, Su Preigadore invita i Discepoli (Sos Zudeos) a presentarsi al cospetto della Madre di Gesù per chiedere l’autorizzazione a deporre e prendersi cura del corpo del Figlio. Due di loro, Zuseppe e Nicodemu salgono le scale, cingono con una benda bianca il corpo di Gesù, tolgono la corona di spine che preme sul Suo capo, schiodano prima la mano destra poi quella sinistra ed infine liberano i piedi del Maestro, che calcarono le terre della Palestina, predicando la parola di Dio.
Finalmente il corpo viene deposto dalla Croce e presentato prima alla Madre poi al popolo.
“Cumplid’ hana su disizu De ti bider interrare Cherfidu mi hana lassare In vida pro pius fastizu Oh disfiguradu fizu Chie t’hat mortu e chie?”.
Adagiato in Sa Leterna il corpo di Gesù viene coperto con un velo nero, pronto per essere traslato al suo Sepolcro.
La processione esce dalla Chiesa di Sant’Andrea Apostolo mentre il Coro dei confratelli intona il Canto del Miserere. Gesù nel suo ultimo viaggio è accompagnato da Sua Madre, dalla Maddalena e dalla folla; non possono mancare gli oggetti della condanna, per questo viene posizionata in testa al corteo la Croce sulla quale è stato crocifisso il Figlio di Dio, seguono la Corona, i chiodi e le scale, perché tutti vedano e si rendano conto del male fatto ad un’Innocente.
Dopo alcune pause di meditazione scandite dai versi del Miserere, il corteo giunge all’Oratorio della Confraternita, che rappresenta il Sepolcro di Gesù.
Pasca ‘e Abrile
Ma quel Sepolcro non poteva racchiudere per sempre le spoglie dell’Uomo-Dio. Per questo dopo la notte di Veglia che ripresenta i misteri che scaturiscono dalla Risurrezione, il mattino di Pasqua vede il trionfo del Signore della Vita.
Un manipolo di confratelli, capeggiati dal Priore, accompagna la Madre in processione alla ricerca del Figlio risorto. Lo incontrerà nel centro del paese tra la salve dei fucili e il canto del Regina Coeli (S’Incontru).
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